Normativa di riferimento alimenti BARF

Il comparto dei cibi BARF, pur rappresentando ancora una nicchia nel mercato del pet food, sta incontrando le preferenze di una fetta crescente di proprietari di animali. In questo approfondimento vogliamo far chiarezza sulla normativa di riferimento per i produttori di alimenti BARF destinati a cani e gatti, contenenti prodotti o sottoprodotti di origine animale.

Quando si parla di dieta BARF, nel pet food, si intende “Alimentazione Cruda Biologicamente Appropriata”, come tradotto letteralmente dall'inglese. In tutti i casi in cui un prodotto di origine animale viene destinato all’alimentazione animale, devono essere rispettati i requisiti del Reg. UE 1069/2009, anche nei casi in cui la materia prima di partenza sia idonea all’alimentazione umana.

Gli alimenti BARF rientrano nella definizione di “Alimenti greggi per animali da compagnia”, nella misura in cui nel ciclo produttivo sono attuati solo processi di porzionatura / sminuzzamento, refrigerazione o congelamento (Rif. Reg. UE 142/2011, Allegato 1, Punto 21), viceversa devono essere classificati come “Alimenti trasformati per animali da compagnia” (Rif. Reg. UE 142/2011, Allegato 1, Punto 20). Anche il Ministero della Salute, nella nota n. 16697 del 07/05/2020, equipara i cibi BARF agli “Alimenti greggi per animali da compagnia” citando quanto segue:

“Gli operatori che intendono produrre e commercializzare alimenti greggi per animali da compagnia (inclusi i prodotti Biologically Appropriate Raw Food o BARF), sono tenuti al rispetto dei requisiti dell'art. 24, lettera e) (riconoscimento) e dell'art. 23 (registrazione) del Regolamento (CE) 1069/2009, oltre agli altri requisiti previsti dal citato regolamento, da quello di implementazione (UE) 142/2011 (in particolare l'Allegato XIII - Capo III - punto 1 e 6) e dai Regolamenti (CE) 183/2005 e (CE) 767/2009. La registrazione di cui sopra è obbligatoria solo per gli operatori che effettuano l’attività di commercializzazione all’ingrosso, non per chi effettua la vendita al dettaglio.”

Riportiamo di seguito la tabella presente nella nota Ministeriale n. 16697 del 07/05/2020, dove sono descritti i requisiti applicabili alle diverse tipologie di operatori della filiera degli alimenti BARF.

 

ATTIVITA' Reg. 1069/09 Art. 24 e) Reg. 1069/09 Art. 23 Reg. 183/05 Art. 9.2
Produzione pet food crudo per immissione in commercio È un produttore di petfood e deve essere RICONOSCIUTO (codice PETPR) Gli intermediari sono REGISTRATI eccetto la vendita al dettaglio I produttori di pet food sono REGISTRATI
Produzione pet food crudo e vendita diretta sul posto di produzione (Circolare Ministero della Salute DGISAN n. 29954 del 25 luglio 2016) È assimilabile ai ristoranti per cani e gatti con consumo in loco o da asporto. Solo REGISTRAZIONE Se c’è vendita ad intermediari questi vanno REGISTRATI e il produttore RICONOSCIUTO I produttori di pet food sono REGISTRATI
Macellerie e pescherie (art. 2, comma 2(i) del Reg. CE 1069/2009) Cedono al consumatore finale i sottoprodotti della lavorazione degli alimenti per consumo umano Nessuna REGISTRAZIONE Nessuna REGISTRAZIONE (è intesa come vendita al dettaglio all’utilizzatore finale e non produzione di pet food)
Vendita all’ingrosso pet food crudo (art. 23 del Reg. CE 1069/2009) Sono intermediari grossisti e non produttori (vendono il prodotto ESCLUSIVAMENTE confezionato) Sono REGISTRATI I distributori all’ingrosso di pet food sono REGISTRATI
Vendita al dettaglio pet food crudo Sono intermediari dettaglianti e non produttori (vendono il prodotto ESCLUSIVAMENTE confezionato) Nessuna REGISTRAZIONE Nessuna REGISTRAZIONE (la vendita al dettaglio di pet food è esclusa dall’obbligo di registrazione)

 

Dalla tabella risultano chiari gli obblighi e gli adempimenti in capo alle diverse tipologie di operatori che partecipano a vario titolo alla filiera produttiva degli alimenti BARF. Oltre agli adempimenti sopra riportati vanno tenuti in considerazione i seguenti obblighi normativi:

  • Gli operatori (intesi come produttori) possono produrre alimenti greggi per animali da compagnia da materiali di categoria 3 di cui all'articolo 10, lettera a) e lettera b), punti i) e ii), del Regolamento (CE) n. 1069/2009.
  • Gli operatori che preparano alimenti greggi per animali da compagnia li confezionano ermeticamente in imballaggi nuovi, garantendo il mantenimento della catena del freddo (allegato VIII, capo I, sezione 2 del Reg. (UE) 142/2011) e l’assenza di contaminazioni lungo l'intera catena, dalla produzione fino al punto vendita.
  • L’etichettatura degli alimenti BARF deve essere conforme alle disposizioni del Reg. CE 767/2009, pertanto sulle confezioni devono essere riportate le indicazioni obbligatorie di etichettatura previste dal Regolamento, tra cui la data di scadenza e le modalità di conservazione.
  • Per tutti gli operatori della filiera è fatto obbligo di mantenere la rintracciabilità, come per tutti i mangimi, secondo quanto previsto dai Regolamenti CE 183/2005 e 178/2002; l’unica eccezione riguarda i punti vendita all'utilizzatore finale.

Seppur in maniera sintetica, per ovvie ragioni editoriali, con questo approfondimento vogliamo fornire a tutti gli operatori del comparto degli alimenti BARF un “estratto” della normativa di riferimento, per tentare di mettere un po' di ordine e chiarezza in un contesto ancora in evoluzione dal punto di vista operativo e normativo.

Il nostro team è a disposizione per fornire un supporto professionale su aspetti tecnici e normativi specifici.

 


Derivati degli insetti nel pet food: prospettive e opportunità

L’utilizzo di derivati degli insetti nel pet food è un tema ancora in parte inesplorato: se da un lato la legislazione ed il mondo produttivo hanno già sdoganato l’impiego di queste materie prime, dall’altro il mercato e la ricerca scientifica non hanno ancora dato il loro responso definitivo.

L’Unione Europea al momento della redazione di questo approfondimento ha autorizzato sette specie di insetti, quelle utilizzate nel pet food sono le seguenti: mosca soldato nera (Hermetia illucens), tenebrione mugnaio (Tenebrio molitor), grillo domestico (Acheta domesticus).

Gli scenari e gli aspetti da considerare in riferimento all’utilizzo dei derivati degli insetti nel pet food sono molteplici, di seguito citiamo i principali:

  • dinamiche di accettazione da parte dei proprietari degli animali;
  • sostenibilità ambientale;
  • caratteristiche nutrizionali, appetibilità e costanza delle forniture;
  • potenzialità degli effetti bioattivi dimostrati in alcuni studi;

 

Dinamiche di accettazione da parte dei proprietari degli animali

Numerosi studi hanno affermano che un’alta percentuale di proprietari di animali dichiara di accettare la presenza di derivati degli insetti nel pet food, questa percentuale è destinata ulteriormente a crescere con l’evoluzione del mercato. Altri aspetti che contribuiranno all’accettazione e alla diffusione dei derivati degli insetti nell’alimentazione animale saranno i temi legati alla sostenibilità e agli effetti benefici sulla salute degli animali.

Sostenibilità ambientale

Quello legato alla sostenibilità ambientale potrebbe essere uno dei maggiori driver di diffusione su larga scala dell’utilizzo di proteine derivate da insetti nel pet food.

Molteplici studi e ricerche dimostrano in maniera inequivocabile il minor impatto sulle risorse naturali di questa fonte proteica rispetto a tutte le altre fonti proteiche di origine animale, inoltre l’industrializzazione e la diffusione delle tecnologie produttive su larga scala porterà ad un ulteriore miglioramento della sostenibilità ambientale di questa fonte proteica.

Caratteristiche nutrizionali, appetibilità e costanza delle forniture

Se da un lato viene riconosciuto l’elevato valore biologico delle proteine derivate da insetti, sono ancora inesplorati gli effetti a lungo termine sulla salute degli animali di un’alimentazione basata su queste fonti proteiche.

In riferimento all’appetibilità sono stati fatti alcuni studi sul cane e sul gatto, con risultati che sembrano migliori sul cane, ma anche in questo caso i dati disponibili sono attualmente limitati.

Un altro aspetto che deve essere tenuto in considerazione riguarda la costanza delle forniture intesa sia come la capacità di soddisfare nel tempo i quantitativi richiesti dall’industria del pet food, che dal punto di vista della stabilità delle caratteristiche chimico fisiche microbiologiche e organolettiche delle materie prime fornite.

Potenzialità degli effetti bioattivi dimostrati in alcuni studi

Alcuni studi hanno dimostrato effetti positivi della chitina sul microbioma intestinale del cane, o della glucosamina contenuta nelle larve dalla mosca soldato nera sulle articolazioni e altri potenziali effetti su più apparati degli animali d’affezione.

Allo stato attuale, tuttavia, gli studi sono limitati e tutti concordano sulla necessità di maggiori e più strutturate ricerche.

 

Conclusioni

I derivati di insetti rappresentano un’opportunità sotto molteplici punti di vista per il settore del pet food: diversificazione delle fonti di approvvigionamento di proteine, possibili effetti positivi sulla salute degli animali collegati ai relativi claim, maggior sostenibilità ambientale rispetto alle equivalenti materie prime di origine animale e molti altri.

In questo approfondimento abbiamo “distillato” i principali temi che ruotano attorno all’impiego dei derivati degli insetti nel pet food, rimandiamo agli articoli riportati di seguito per una trattazione più approfondita ed esaustiva dei diversi argomenti affrontati.

 

Articoli di interesse:

Insect-based ingredients in pet foodFediaf, 2024

Guide on Good Labelling Practices for Insect-based Feed MaterialsIPIFF (International Platform of Insects for Food and Feed), 2024

7 insect-based pet food health benefits beyond nutritionPETFOODINDUSTRY, 2024

Insects as Feed for Companion and Exotic Pets: A Current Trend - Departamento de Fomento de la Producción Animal, Facultad de Ciencias Veterinarias y Pecuarias de la Universidad de Chile, 2022

Insect-based dog and cat food: A short investigative review on market, claims and consumer perception - Technical University of Munich Campus Straubing for Biotechnology and Sustainability, Straubing, Germany, 2022

Insects in Pet Food Industry—Hope or Threat? - Department of Monogastric Animal Sciences, Division of Animal Nutrition and Food, West Pomeranian University of Technology in Szczecin, Poland, 2022

Effect of using insects as feed on animals: pet dogs and cats - Department of Animal Sciences, University of Illinois at Urbana-Champaign, Urbana, USA, 2020

 


Pet food vegano: scienza, sostenibilità e “mode”

I trend dei consumi e le tendenze nel mondo del pet food replicano le logiche presenti nel comparto food, al pari dei claim verso cui i consumatori dimostrano interesse e attenzione.

Non è un caso quindi che anche nel mondo del pet food i temi legati alla sostenibilità ambientale, al veganesimo, al benessere animale, alla responsabilità etica e sociale solo per citarne alcuni, guidino le scelte di acquisto dei proprietari di animali.

Sempre più proprietari di animali si stanno orientando verso cibi per animali “vegani”, in linea con le proprie scelte alimentari ed etiche, questo trend è destinato a crescere nei prossimi anni come dimostrano i principali studi di settore.

Essendo questo un fenomeno relativamente recente, non sono ancora presenti dati scientifici attendibili, in grado di escludere eventuali effetti avversi sulla salute dei cani e dei gatti alimentati con questi mangimi nel medio e lungo periodo; a questo riguardo vanno fatte ovviamente le dovute distinzioni fra cane e gatto.

Dal punto di vista tecnico è fondamentale che nella formulazione di un mangime vegano siano valutati attentamente i fabbisogni fisiologici dei cani e dei gatti, con un particolare focus sulla biodisponibilità degli amminoacidi essenziali. Facciamo volutamente riferimento alla biodisponibilità e non all’integrazione nel mangime degli amminoacidi essenziali, concetto questo che vale ovviamente per tutti mangimi, ma che necessita di un focus particolare quando si sostituiscono tutte le proteine di origine animale con altre di origine vegetale.

Un focus specifico va fatto anche sui concetti legati alla sostenibilità ambientale: tutti gli studi dimostrano il minor impatto ambientale dei mangimi “vegani” rispetto a quelli formulati con materie prime di origine animale. L’utilizzo di materie prime di origine vegetale in sostituzione di quelle di origine animale avrebbe un sostanziale effetto positivo sull’uso del suolo, delle risorse idriche, sulle emissioni dei gas serra e dei gas acidificanti, sull’eutrofizzazione e sull’oso di biocidi a livello globale; principi questi sempre più attuali sia in ottica ESG che come richieste provenienti dal mercato.

Non avendo l’ambizione di poter trattare un argomento così ampio in queste poche righe, riportiamo in calce i riferimenti alle più accreditate pubblicazioni scientifiche in materia, rimandando ai nostri contatti per eventuali ulteriori approfondimenti.

 

Articoli di interesse:

A life cycle assessment of vegan dog food - Institute of Environmental Technology, Technische Universität Berlin, 2024

Vegan diet healthier for cats than meat according to new survey - University of Winchester, 2023

Vegan versus meat-based cat food: Guardian-reported health outcomes in 1,369 cats, after controlling for feline demographic factorsCentre for Animal Welfare, Faculty of Health and Wellbeing, University of Winchester, 2023

The Impact of Vegan Diets on Indicators of Health in Dogs and Cats: A Systematic Review - Neurophysiology, Behavior and Animal Welfare Assessment Universidad Autónoma Metropolitana (UAM) Mexico City, 2023

Is it really safe to feed your cat a vegan diet? - University of Technology Sidney (UTS), 2023

The relative benefits for environmental sustainability of vegan diets for dogs, cats and peopleSchool of Environment and Science, Nathan University, Australia, 2023

Reported Health Benefits of a Vegan Dog Food – A Likert Scale-Type Survey of 100 Guardians - Small Animal Clinical Nutrition, Provet Limited, Gillingham, United Kingdom, 2022

A Comparison of Key Essential Nutrients in Commercial Plant-Based Pet Foods Sold in Canada to American and European Canine and Feline Dietary RecommendationsDepartment of Clinical Studies, Ontario Veterinary College, University of Guelph, Canada, 2021

 

 


“Pillole” per gli Audit presso i fornitori di PAT monoproteiche

Produrre mangimi mono proteici, siano essi convenzionali che destinati a particolari fini nutrizionali, richiede specifiche modalità operative e di selezione dei fornitori, al fine di garantire la “monoproteicità” del prodotto, nei limiti delle possibilità tecniche attuabili.

In questo approfondimento vogliamo fornire alcune “pillole” da considerare in un audit presso i fornitori di PAT (Proteine Animali Trasformate) mono proteiche; gli aspetti trattati sono frutto dell’esperienza maturata sul campo e non rappresentano un trattato sulle tecniche di audit.

 

Aspetti generali

Come prima cosa è fondamentale capire quale tipologia di fornitore si sta auditando:

  • Rendering collegato ad un macello / sezionamento / impianto che lavora un’unica specie animale (es. pollo, suino, bovino, salmone).
  • Rendering collegato ad un macello / sezionamento / impianto che lavora più specie animali.
  • Rendering generico che lavora più specie animali.
  • Trader.

Tanto più è alta, a livello strutturale / impiantistico, la probabilità di cross contamination fra diverse specie, tanto più dovranno essere approfonditi gli aspetti legati a: diagrammi di flusso, sequenze di produzione, operazioni di pulizia, gestione degli impianti e delle strutture di stoccaggio, formazione e competenza del personale.

 Tempi di lavorazione delle materie prime 

Un importante aspetto da valutare in tutti i fornitori di PAT, non solo di quelle mono proteiche, riguarda i tempi di lavorazione delle materie prime impiegate, ovvero la loro gestione in fase di stoccaggio e la velocità con cui vengono lavorate.

Dato che la normativa di riferimento non prevede che i SOA (Sottoprodotti di Origine Animale) di categoria 3 debbano essere stoccati a temperatura controllata, valutare il tempo che intercorre tra la “produzione” del SOA di categoria 3 e la sua trasformazione in PAT, risulta di estrema importanza in riferimento alla stabilità delle proteine e dei grassi in esse contenuti.

Tempi di stoccaggio e lavorazione ridotti e/o gestione a temperatura controllata delle materie prime in fase di trasporto e stoccaggio, riducono il grado di degradazione delle proteine e di alterazione dei grassi, con un effetto significativo sulle caratteristiche qualitative delle PAT realizzate.

Procedure di pulizia

Le procedure di pulizia adottate dall’azienda, oltre ad essere attuate in coerenza con l’analisi dei pericoli, dovrebbero tener conto delle possibilità e probabilità di cross contamination nelle diverse parti di impianto, considerando inoltre il grado di difficolta di pulizia dei diversi punti degli impianti stessi, compresi i trasporti e i siti di stoccaggio.

Le procedure adottate dovrebbero essere validate da analisi in autocontrollo atte a verificare la loro efficacia in riferimento agli obiettivi definiti.

Rintracciabilità

La rintracciabilità dall’arrivo della materia prima alla consegna della PAT al cliente dovrebbe essere in grado di dare evidenza non solo del collegamento fra materie prime impiegate e prodotto finito ottenuto, ma anche dei siti di stoccaggio, del flusso di produzione seguito, dei controlli di processo eseguiti, delle pulizie effettuate, delle eventuali analisi in autocontrollo, dei mezzi di trasporto utilizzati e del loro stato di pulizia.

 

Conclusioni

Al di là degli aspetti tecnici sopra descritti, risulta sempre determinante il rapporto che si riesce ad instaurare con i fornitori di materie prime “critiche” dal punto di vista tecnico, qualitativo, sanitario e di approvvigionamento.

Un rapporto win-win in questi casi risulta quello vincente nel medio-lungo periodo, perché in grado di garantire i migliori risultati tecnici, economici e di costanza delle forniture.


purezza fonti proteiche animali

Garanzia della purezza delle fonti proteiche di origine animale – aspetti analitici e gestionali

 

Le fonti proteiche di origine animale nelle loro diverse forme sono uno degli ingredienti caratterizzanti e di maggior pregio dei mangimi per animali da compagnia.

Le loro caratteristiche di purezza sono un elemento che riveste grande importanza nei mangimi “dietetici” e/o mono proteici, sia dal punto di vista nutrizionale che commerciale e di etichettatura dei mangimi.

La determinazione del grado di purezza e/o dell’assenza di cross contamination da parte di altre specie animali nelle materie prime e nei prodotti finiti mono proteici è un argomento di non facile approccio sia per gli addetti ai lavori che per le autorità pubbliche adibite al controllo.

Le tecniche per stabilire l'origine di un determinata specie animale si basano sul riconoscimento del DNA tra cui la più utilizzata e la PCR (Polymerase Chain Reaction).

Le tecniche si dividono in qualitative e quantitative, ovvero una volta individuata la specie animale si può determinarne anche la sua concentrazione nel prodotto analizzato. La tecnica qualitativa è molto sensibile e con margini di errore molto bassi anche in presenza di matrici “danneggiate” termicamente (quali ad esempio le proteine animali trasformate “PAT” o i mangimi estrusi) e può arrivare ad un livello di quantificazione dello 0,1%. La tecnica quantitativa pur essendo altrettanto sensibile (limite di quantificazione dello 0,1% e limite di rilevabilità dello 0,01%) ha però lo svantaggio di avere un intervallo di confidenza del risultato che si aggira intorno al 30%. Alla luce di quanto appena detto può succedere di avere un referto analitico riportante, per esempio, specie animale “xxx” 99,9% +/- 30%, risulta chiaro che un referto di questo tipo non può garantire la certezza della purezza della materia prima e/o la “mono proteicità” del prodotto finito.

Questi sono i limiti delle metodiche adottate dalla maggior parte dei laboratori a fronte dei quali si rende necessario intraprendere azioni integrative rispetto al mero controllo analitico, le principali sono:

  • Modalità di qualifica e audit presso i fornitori di materie prime di origine animale.
  • Gestione delle cross contamination lungo il processo di produzione del mangime.
  • Valutazione degli appetizzanti utilizzati.
  • Analisi di presenza di altri fattori di sensibilizzazione (o allergizzanti)

L’esperienza maturata negli anni ha dimostrato che solo un’attenta e puntuale applicazione di tutti gli strumenti analitici e gestionali sopra elencati è in grado di garantire la produzione di un mangime “dietetico” o mono proteico adeguato alle esigenze nutrizionali e di salute degli animali a cui è destinato.

 

Bibliografia:

Bellagamba F., Moretti V. M., Comincino S., Valfrè F. (2001) - Identification of species in animal feedstuffs by polymerase chain reaction-restriction fragment length polymorphism analysis of mitochondrial DNA. J. Agric. Food Chem. 49 (8), 3775-3781.